lunedì 31 gennaio 2011


Capitolo primo

Toledo. Ho lasciato che un'agenzia di viaggi decidesse per me; in fondo il posto non è ciò che più mi preme quanto lasciare la mia casa e l'Italia per qualche tempo.

Lasciarmi alle spalle la mia vita, o per lo meno tutto quello che ho fatto fino ad oggi. Non sarà una vacanza di piacere la mia o una breve gita fuori porta, anche se è che questo che ho fatto intendere alla mia famiglia. Loro non capirebbero la necessità che ho di ritrovare quella che chiamo la “concentrazione ispirata”, qualcosa di molto simile alla felicità che mi permette da sola di...scrivere.
In molti mi definiscono “scrittore” ma lo fanno per canzonarmi, ne sono consapevole. In realtà ho pubblicato soltanto un paio di opere ed entrambe con case editrici “minori” ottenendo le mie piccole soddisfazioni; ma il rispetto per ciò che faccio è tutt'altra cosa. Per uno scrittore è tutto.
Ho lasciato che la mia mente divagasse per tutta la durata del viaggio; volare mi rilassa anche se mi provoca all'arrivo un'inevitabile mal di testa. Non sono mai stato in Spagna; è una terra a me totalmente sconosciuta e immaginare l'ignoto, quello che mi accadrà una volta giunto lì, mi affascina e mi incute timore assieme.
Una settimana all'insegna della libertà e del relax; una settimana per cercare un senso alle cose e alla mia esistenza.

Ed è così che mi sento quando arrivo all'aeroporto di Madrid: un uomo nuovo, al quale si aprono diversi orizzonti. L'Italia è alle mie spalle e le preoccupazioni con essa. Sorrido ad ogni persona che incontro, perché so che ognuno di loro ha un destino che potrebbe allacciarsi col mio e questa gamma di infinite possibilità è eccitante. Mi sento un bambino, mi sento rinascere.
E questo entusiasmo mi spinge a non perdere tempo, che è diventato all'improvviso vitale per me, e nonostante mi dispiaccia non poter fare un giro nella capitale spagnola, vado subito alla ricerca di un auto da noleggiare e arrivare in tal modo a destinazione. Toledo mi sta aspettando, lo avverto nelle ossa quasi come un brivido.

E' quasi il tramonto quando poso per la prima volta piede nella “città delle spade”.
Farei subito una veloce escursione per le vie del centro storico, ma come previsto un'emicrania terribile mi costringe a cercare il mio albergo; una bella doccia una cena e una lunga dormita mi rimetteranno in sesto.

*****
Cammino per queste strade strette e ripide da secoli ormai. Toledo è diventata parte di me. Il sangue scorre nelle mie vene come il fluire lento e pacifico del fiume Tago che abbraccia questa antichissima città. Si narra che i suoi fondatori siano stati i romani, e quale altro popolo poteva gettare le basi di tanta bellezza? Ma io non ricordo molto di quel periodo anche se nella mia famiglia ho sentito narrare storie bizzarre, ma non posso esserne certa. La mia stirpe è nata proprio in quegli anni ed ha attraversato secoli di storia senza alcun problema, fino a quando non è scoppiata la folle mania dell’inquisizione. Mia nonna, mia madre e mia zia sono finite su rogo con l’accusa di stregoneria ed io dovrei unirmi a quel triste destino…se, prima non troverò l’uomo che mi salverà dal fuoco eterno! Tra poco lui sarà qui, a Toledo. La mia mente veggente mi dice che arriva dall’Italia e che solo lui sarà in grado di aiutarmi. Mi siedo davanti la cattedrale e guardo le persone che si godono questa meraviglia architettonica. Nessuno mi vede. Ma io assaporo il loro stupore e ascolto i commenti. Ammalia ogni visitatore questo luogo. Io non voglio abbandonarlo. Qui sono nata ed è qui che voglio vivere o morire. Tengo la mente occupata per non sentire le urla delle donne che bruciano sul rogo attizzato proprio in questa piazza. Davanti ai miei occhi vivono due epoche: quella presente, di cui non faccio parte, e il 1650, anno della mia presunta morte. Mi chiamo Doña Amaranta Molina, ho venticinque anni e sono nobile di nascita, oltre che strega per discendenza materna.



La prima notte a Toledo è funestata da incubi. Sogni che non so spiegarmi, visioni di fuochi e fiamme, grida strazianti, e.....il viso di una ragazza. Ella soffre, anche se silenzioso riesco lo stesso a sentire il suo pianto disperato. E quando sto per chiederle chi sia e qual è il suo nome, mi sveglio madido di sudore, quasi scioccato da quelle immagini.
Colpa forse del mal di testa della sera precedente, o della cattiva digestione del cibo di una nuova cucina. Deciso a dimenticare quelle visioni oniriche, mi preparo velocemente per uscire.
Toledo m'aspetta....
Più che uno scrittore decido di essere un turista in tutto e per tutto. Piantina della città in una mano, macchinetta digitale nell'altra. La mia creatività me ne sarà grata, lo sento.
La cattedrale della città m'accoglie quasi minacciosa con la sua facciata gotica. Resto a fissarla per qualche istante, isolandomi da tutto il resto, completamente rapito dai secoli di storia che mi sono di fronte. Il posto è affollato, gente di ogni lingua e razza mi passa affianco e immerso in quella nuova realtà mi sento finalmente parte di qualcosa, parte del mondo.
Tuttavia qualcosa mi costringe a voltarmi, come richiamato da qualcuno. Non so spiegarlo con le sole parole, ma è come se le immagini del sogno di quella notte si fondessero per un istante solo con la realtà che mi circonda. Ho un lieve capogiro, ma quella sensazione di vertigine passa subito per mia fortuna. Complice forse il caldo di quella giornata d'estate, un senso di spossatezza s'impadronisce dei miei muscoli e mi spinge a muovermi da lì. Vedrò la cattedrale in un altro momento. Ora ho bisogno di cercarmi un posto all'ombra, poco affollato e rumoroso.
Fiamme grida e il volto di una donna.....
Ho decisamente bisogno di bere qualcosa...
Risalgo una delle stradine della città alla ricerca quasi disperata di un bar; gli edifici sembrano tutti uguali se non li si osserva con attenzione, e il senso d'abbandono che mi ha pervaso mi dà quasi la sensazione di essermi perso.
I miei passi mi portano davanti a un negozio che esibisce in vetrina un numero imprecisato di spade e coltelli. Resto a fissare quelle lame senza un motivo preciso.
Lorenzo che cos'hai?”... mi sembra quasi di sentire la voce dei miei pensieri parlare come fosse al mio fianco.
C'è qualcosa non va, nell'aria tutt'attorno a me. L'atmosfera di Toledo così pregna di storia mi procura una sensazione paragonabile alla perdita dei sensi. Sarei forse svenuto lì di fronte a quel negozio senza nemmeno accorgermene.
L'idea di partire da solo in una città sconosciuta in questo preciso momento non mi sembra più così grandiosa.
Meglio entrare nel negozio; la frescura dell'aria condizionata di cui spero sia provvisto mi aiuterà a togliermi finalmente questo terribile senso di abbandono. Come se la mia mente e la mia anima volessero lasciare il mio corpo......come se io non appartenessi più a quel tempo, a quello spazio.

Varco la soglia di quel negozio inconsapevole ancora che non vi sarei più uscito.



Non fatico a scorgerlo tra i turisti intenti a fotografare ogni angolo della città. Lo vedo subito anche se è di spalle. Ha qualcosa di ingombrante in mano. Mi sembra una macchina fotografica…se così si chiama quel marchingegno che tenta di riprodurre la realtà. Al mio tempo c’era bisogno di un abile pittore, oggi, basta schiacciare un pulsante. Mah! Non posso perdermi in pensieri futili, devo assolutamente entrare nel negozio insieme a lui. Anzi, devo esserci prima che lui compri qualsiasi cosa! La bottega di don Raimundo ha attraversato quasi sei secoli, forte delle sue splendide lame che lo hanno reso famoso nelle corti di tutta Europa. La spada di mia nonna è in vendita da troppo tempo ormai. Grazie al cielo il prezzo richiesto è esorbitante e nessuno sarà mai interessato ad acquistarla, tanto meno questo ragazzo italiano. Devo fare di tutto perché apra il libro esposto al fianco del prezioso cimelio di famiglia. E’ un’antichissima copia del Cantar de Mio Cid che avrà il potere di rendermi visibile solo se lui, il prescelto dal Destino, lo aprirà. Non è in vendita quindi devo trovare una scusa perché attragga il suo interesse. Certo non sarà facile fargli cadere lo sguardo su un volume consunto dal tempo nel mezzo ad un’allettante e curiosa esposizione di lame. Attraverso la porta… Non ho alcun bisogno di aprirla, sono uno spirito! Lui si volta e per la prima volta dopo un’eternità maledico il fatto di esserlo. Vorrei specchiarmi nella vetrina per controllare il mio aspetto ma non posso farlo. Sono aria, inconsistente, invisibile e disperata. Lui è bello, talmente tanto da togliere il fiato. Questo complica la situazione. Il cuore non deve accelerare i battiti e , invece, lo sta già facendo. Sono in preda al panico e non guardo neppure dove sto mettendo i piedi, ho gli occhi ammaliati dal suo fisico prestante, i capelli ondulati e di un corvino così lucido da sembrare dipinto su tela. Sta esaminando un tagliacarte inciso sullo stile seicentesco. Inavvertitamente colpisco con un fianco proprio il Cantar de Mio Cid che cade a terra sotto lo sguardo attonito del proprietario del negozio. Il cliente è troppo distante per averne causato la caduta….


E arriva anche la nausea ora a darmi tormento. Deve essere stato il viaggio in aereo, non può esserci altra spiegazione. Faccio dei profondi respiri sotto gli occhi del proprietario del negozio, che mi ha salutato nella sua lingua madre. Io ho risposto solo con un cenno della mano e non perché non sono in grado di farlo in spagnolo; il mio attuale stato di disorientamento mi impedisce anche di parlare. Fortuna che trovo un poco di refrigerio nella frescura del negozio; se non altro smetterò di sudare come se avessi il fuoco sulla pelle. Forse ho qualche linea di febbre. Più che un negozio di spade avrei bisogno di una farmacia in quel momento. Il proprietario del negozio non mi degna di uno sguardo intento com'è a riordinare alcuni oggetti sul bancone. Ripongo nello zaino ciò che ho tra le mani, la cartina della città e la macchinetta fotografica, e sto per formulare nella testa una frase in spagnolo da rivolgergli per chiedergli dove posso trovare una farmacia lì vicino, quando gli occhi mi cadono sulle numerose lame esposte sotto il vetro delle teche di legno, disposte in fila su tre delle pareti del negozio. Ce ne sono davvero per tutti i gusti; i prezzi devono dipendere dalla grandezza e della manifattura delle singole lame, e forse anche dai secoli che hanno attraversato. Mi soffermo a guardarne qualcuna, in maniera distratta e approssimativa, dimenticando in tal modo il senso d'abbandono che mi ha pervaso fino ad ora.
Toledo dev'essere davvero la città magica che tutti dicono sia. E forse la magia sta proprio nella sua atmosfera che t'ammalia e ti cattura, estraniandoti addirittura da te stesso.
Ma un tonfo alle mie spalle mi fa voltare di scatto. Un libro è caduto sul pavimento, e dall'espressione interrogativa del proprietario del negozio capisco che quel rumore ha fatto sobbalzare anche lui. Lo sento dire qualche parola che non capisco, ma prima che sia lui a fare il giro del bancone e a recuperare il libro, mi muovo io. Molto velocemente mi piego per sollevare il libro da terra. Cantar de Mio Cid leggo scritto in caratteri cubitali e incisi con lettere dorate sulla copertina. Deve essere un libro molto antico e averlo tra le mani mi procura un'insolita sensazione di benessere. D'un tratto il mio senso di spossatezza viene cancellato via, come se quelle pagine ne fossero state inspiegabilmente la cura.
Troppe cose che definirei “strane” mi stanno accadendo. Forse meglio lasciare il libro sul bancone e scappare via, prendere le mie cose in albergo e tornare in Italia, alla mia solita ma confortante routine.
No. Qualcosa me lo impedisce, qualcosa m'impedisce di muovermi da lì. Il proprietario del negozio mi rivolge un paio di frasi in spagnolo che non capisco. Senza prestargli ascolto apro il libro alla sua metà esatta. Vi leggo scritta una sorta di poesia in spagnolo, dei versi che sebbene non capisco leggo facilmente con gli occhi.

Sapete cosa è il destino? Destino è compiere un'azione che siamo certi ci porterà da qualche parte. E sicuro nel leggere quelle righe scritte con inchiostro nero a mano da una calligrafia ordinata ed elegante, ho scelto il mio destino. O forse è il destino che è venuto a reclamarmi...
Sollevo gli occhi da quella pagina e ciò che vedo mi turba così tanto che il libro mi cade di nuovo dalle mani e sono costretto ad indietreggiare. Il proprietario del negozio esprime il suo disappunto rivolgendomi ancora parole che non posso capire; ma io non lo sto nemmeno ascoltando.
Sono completamente catturato dalla visione che mi si è presentata davanti agli occhi. Sto forse sognando? Chi è la giovane che è appena apparsa davanti a me? Il proprietario del negozio continua a blaterare in spagnolo e raccoglie da terra il libro riponendolo al suo posto. Se ne torna poi dietro al bancone, parlottando tra sé, senza degnare di uno sguardo quella giovane.....
Capisco in tal modo che lui non vede, o finge di non vedere, ciò che vedo io. Cos'è uno scherzo? Una burla per turisti?
- Tu...- faccio per dire alla ragazza ma le parole mi muoiono in gola.
Sto impazzendo. Non può esserci altra spiegazione.

Mi sta indicando. Gli trema la mano. Il proprietario è appena passato al mio fianco per posizionare il libro al suo posto. Mi avvicino lentamente mentre lo vedo sbiancare in faccia e piccole gocce di sudore solcano la sua fronte abbronzata. Sono così poco presentabile? Abbasso lo sguardo sulla mia veste e riesco a scorgerla. Dopo secoli di assoluta inconsistenza fisica inizio a percepire anche il suo colore sbiadito. Se non sbaglio un tempo doveva esser di un azzurro acceso, ora, invece, sembra di un bianco sporco. Tutto questo ha un solo significato: è davvero lui, il prescelto! Allungo le braccia, ma quelle sono ancora invisibili. Siamo solo a metà dell’opera. Deve assolutamente portare via il Cantar de mio Cid dal negozio o tra poco svanirò nel nulla….come faccio a farglielo capire? Non mi sembra un gran cavaliere e il negoziante continua a blaterare alle mi spalle. Se urla o gli dice qualcosa di me lo reputerà un pazzo per gettarlo a pedate fuori dalla bottega. Non può ancora sentire la mia voce, ma se apre di nuovo il romanzo epico….allungo di nuovo la mano e indio il volume elargendogli uno dei miei sorrisi più ammalianti, almeno credo. Sono secoli che non mi specchio…