giovedì 20 ottobre 2011

NONO CAPITOLO

Mi alzo, senza dare a vedere la mia indecisione. Nel raggiungere i due uomini penso a cosa rispondere e nel frattempo esibisco un sorriso quasi serafico.
-Perché dovrei negare un pasto caldo e un giaciglio su cui dormire a questo strano viandante? Sapete bene, mio caro, quanto io sia magnanima e di cuore delicato, non potrei certo rifiutarmi dall’aprire le mie porte.-
Sospiro e guardo Lorenzo negli occhi, ma lui abbassa lo sguardo. Mantengo una postura eretta a faccio cenno a Ramón di lasciarlo andare.
-Come volete-, poi l’uomo punta il dito contro il giovane e lo intima ancora una volta, - provate a trafugare qualcosa dal castello o anche solo a dare troppa confidenza alla mia futura sposa e potete già considerarvi come un morto che cammina. Mi avete inteso?-
Lorenzo annuisce con un leggero movimento della testa ed io mi avvicino a Ramón per calmarlo.
-Non dovete essere così duro, non vedete che non sembra avere brutte intenzioni? Andiamo dentro prima che si consumino tutte le torce, allora sarebbe difficile ritrovare il portone d’entrata-.
Ci avviamo lentamente verso quella che per secoli è stata la casa della mia famiglia e che non arriverà indenne al ventesimo secolo. Cerco di non pensarci e non mi volto a controllare i due uomini che mi seguono in silenzio. Purtroppo non sarà facile farli andare d’accordo e dovrò fare un lungo sforzo per rendere Lorenzo tanto ardito quanto Ramón. Da lui dipende la mia salvezza e se ha paura del mio futuro sposo come mai potrà affrontare gli innumerevoli problemi che troveremo sul nostro percorso? Inoltre il poco tempo a disposizione che abbiamo non gioca certo a nostro favore… Sospiro e mi preparo ad incontrare la mia famiglia e i miei cari servitori. Sono secoli che attendo questo agognato momento…al resto penserò più tardi!

Amaranta ci ha tolto da un guaio. Ha molto potere su quell'uomo..il suo futuro sposo. Quelle parole mi fanno ribollire il sangue nelle vene. Sono già adirato con quel Ramón anche se non lo conosco a fondo. E poi so che non potremmo mai comprenderci; siamo troppi diversi. Siamo uomini appartenenti a due mondi troppo differenti e la sua spavalderia, fossimo stati nel mio tempo, sarebbe già stata ripagata con un bel pugno sulla faccia. Ma non posso ora. Devo interpretare il ruolo che da solo mi sono assegnato, e non posso contraddirmi o chissà a cosa sarei andato incontro. Così non mi resta che annuire alle minacce di quell'uomo e seguire Amaranta e Ramón fingendo un'aria mesta e servile. Sono solo un viaggiatore certo, un viaggiatore del tempo che saprà quando verrà il momento di far vedere quanto vale. Non ho scordato le mie intenzioni, né lo farò adesso.
Mi guardo attorno per osservare meglio la casa di Amaranta, così densa di storia. Sorrido pensando che nessun uomo del mio tempo, a parte me, avrà mai questa fortuna. Ma l'oscurità inizia già a deformare le cose e il portone, non appena ci accostiamo, si apre per lasciarci passare. Non parlo. Meglio non aprire bocca e dire qualcosa di sospetto. Amaranta dà subito disposizioni affinché mi si prepari un alloggio confortevole e caldo. Mi sarà subito servita la cena.
Ramón si mostra molto sorpreso da tutta quella disponibilità, ma non apre bocca. Non vede l'ora di levarmisi di torno per restare da solo con Amaranta. La donna ha però più risorse di quante non ne avrei immaginate, e con quel suo fare persuasivo lo convince a rimandare un incontro privato con lui all'indomani. Con voce suadente di fronte alla quale qualunque uomo sarebbe capitombolato, Amaranta si congeda dicendo di essere molto stanca e di voler riposare.
- Ma certo mia cara, come desiderate.- dice lui accennando un inchino- Lasciate almeno che accompagni io questo pellegrino nelle sue stanze.
Amaranta non si oppone e finge che la cosa non la turbi. Io faccio lo stesso e l'istante dopo mi ritrovo a seguire quell'uomo odioso su per una scalinata di pietra. Dannazione! Gli eventi stanno per prendere una piega davvero indesiderata! Continuo a tenere la bocca chiusa finché non arriviamo davanti a una porta di legno che Ramón apre di scatto invitandomi a entrare.
- Non lasciate questa stanza per nessuna ragione o ve ne farò pentire.
Queste minacce gratuite iniziano a starmi sui nervi. Mi sono già procurato un nemico in quel tempo e in quella terra aliena. Ma devo tacere anche questa volta, è necessario. O sarà tutto perduto. Non appena metto piede nella stanza Ramón richiude di scatto la porta, e fa girare la chiave in una serratura di ferro. Sono in trappola, ma non perdo la calma. Mi guardo attorno giusto per vedere che la stanza assegnatami è molto semplice e illuminata solo da alcuni moccoli che si vanno consumando alla svelta. Presto resterò al buio. Senza nemmeno spogliarmi degli abiti mi corico nel mio letto, un giaciglio scomodo nel quale c'entro appena. Solo in quella stanza posso finalmente riflettere sull'assurdità di quanto mi è accaduto. E posso pensare a lei, il motivo per cui ho deciso di affrontare quel pericoloso viaggio.
Amaranta...il suo nome suona così dolce nella mia mente...
E sto quasi per lasciarmi andare a un sonno ristoratore, quando sento qualcuno armeggiare con la serratura della porta. Che sia  Ramón? Cosa vuole ancora da me quell'uomo? Mi alzo a sedere e non appena la porta si apre, la testa di Amaranta fa capolino. La ragazza si affretta a entrare e a richiudere la porta dietro di sé. E' bellissima, anche alla luce scarsa delle candele.
- Stai bene?- le chiedo perché non so che altro dire.
E mi costa ammettere che la sua presenza mi confonde e mi allieta allo stesso tempo.
- Credo che tu mi debba delle spiegazioni.- aggiungo poi senza nemmeno accorgermene.- Quell'uomo, Ramón. Tu lo ami?
Stupida domanda la mia da fare in un momento simile! Ma ho bisogno di sapere se sono arrivato in questo tempo solo per salvarla dalla morte, o anche da quell'odioso “futuro sposo”.


lunedì 30 maggio 2011

OTTAVO CAPITOLO

Ci mancava anche Ramón a rovinare l’atmosfera rilassata che si era venuta a creare. Senza dire una parola mi avvicino ai bordi del laghetto e afferro i vestiti. Esco dall’acqua e cerco di dare un senso alla mia capigliatura arruffata.
“Avvicinati a quell’albero e nasconditi dietro il tronco. Conosco quest’uomo ed è bene che lo affronti da sola”.
Lorenzo mi guarda senza rispondere, ha la faccia allibita e spaventata al tempo stesso. Lo vedo avvicinarsi alla sponda e con il chiarore della luna scorgo la sua sagoma posizionarsi nel luogo da me indicato. I cani continuano ad abbaiare, ma quando annusano il mio odore le loro code prendono a scodinzolare festanti.
“ Amaranta cosa ci fai qua? Sono due giorni che ti cerchiamo?”
Mi aggiusto la gonna e tento di assumere un tono sicuro. Accarezzo la testa al levriero grigio che sta strusciandosi alle mie gambe.
“ Vorrei ricordarti che questa è casa mia… Tu, piuttosto cosa ci facevi a quest’ora nel parco?”
Si avvicina e mi scruta con attenzione.
Allunga una mano e la passa tra i miei capelli zuppi. Non mi ritraggo, ma provo un certo fastidio.
“i tuoi genitori erano allarmati e mi hanno cercato per sapere se tu fossi venuta a trovarmi.. ma dove eri finita?”
“In giro.. “
Scoppia a ridere e mi trascina verso una panchina di pietra. Tenta di abbracciarmi, ma io mi divincolo con decisione.
“ Che razza di risposta è mai questa? E perché non vuoi che ti abbracci? Tra pochi mesi sarai mia moglie!”
A quelle parole rabbrividisco. Alla luce della luna piena il suo viso è attraente e la sua espressione trasmette fierezza eppure non sento battere il cuore.
“Avevo bisogno di starmene da sola per cercare una possibile soluzione per evitare la forca…”
Lo sento sospirare ma non mi volto. Con la coda dell’occhio controllo che Lorenzo sia sempre dietro il vecchio albero però il buio mi impedisce di vederlo. I cani si sono assopiti ai nostri piedi, sembrano non aver fiutato il suo odore.
“ …chissà se riusciremo a sposarci.. la condanna è ancora in vigore..non c’è alcuna via di scampo”



Ubbidisco all'ordine di Amaranta e mi nascondo dietro il tronco dell'albero, uscendo a malincuore dall'acqua. Con lei, in quel lago, ho provato una sensazione che da tempo credevo di aver perduta. Ma siamo stati interrotti troppo presto, così non ho potuto capire bene di cosa si tratti. E forse, almeno per il momento, è meglio così. Zuppo dalla testa ai piedi, e privo ancora dei miei vestiti, mi rintano dietro l'albero e osservo l'uomo sopraggiungere, sento l'abbaiare dei cani, e temo per l'incolumità di Amaranta. Ma in fondo quel tempo è suo e di certo sa giostrarsi meglio di quanto non lo saprei fare io. Noto che i miei vestiti sono ancora gettati alla rinfusa sul margine del laghetto. Spero che quell'uomo non se ne accorga e soprattutto che i cani non annusino il mio odore scovandomi. Come avrei giustificato la mia presenza altrimenti? Non mi resta da fare altro se non aspettare ed ascoltare ciò che Amaranta e quell'uomo si dicono.
Non mi piace; mi basta un'occhiata più attenta per capire che di quell'uomo non mi fido.
E quelle parole...”Tra pochi mesi sarai mia moglie..”
Il mosaico della storia di Amaranta si fa sempre più fitto ed io sono sempre più confuso. In un tempo che non è mio, tra persone che non crederebbero mai da dove provengo, che cosa ci faccio io? Il dubbio su quello che ho fatto mi assale prepotente. Se solo riuscissi  a raggiungere i miei vestiti..
Mi muovo con estrema lentezza, sperando che i cani almeno non mi fiutino. Per fortuna Amaranta ha portato il suo “futuro sposo” a sedere un poco lontano. I miei piedi scalzi calpestano quel suolo terroso senza produrre alcun rumore. Quando mi avvicino finalmente ai miei indumenti li afferro velocemente per poi voltarmi e tornamene nel mio nascondiglio. Mi rivesto in fretta; semmai qualcuno mi scoprisse di certo non posso farmi trovare quasi del tutto nudo. Sono indeciso se restare lì o se presentarmi. Ma cosa avrei detto? Posso forse fingere di essere un viaggiatore proveniente da terre lontane in cerca di ospitalità. In fondo è vero...
Ma alla fine decido di attendere per poi pentirmene subito dopo.
Alle spalle mi sopraggiunge un uomo, forse uno sgherro di quello che ora sta parlando con Amaranta. Mi punta la lama della sua spada alla schiena. Dannazione...
- Muoviti.- mi comanda costringendomi ad uscire allo scoperto.- Ramòn guarda chi abbiamo qua stasera!
Alzo le mani in segno di resa e non posso fare altro se non inventarmi qualcosa e stare al “gioco”.
- Perdonate la mia intrusione.- dico senza guardare Amaranta- Ma sono un viaggiatore e ho perduto la strada. Se vi reco disturbo perdonatemi, raccoglierò subito le mie cose e tornerò in cammino anche se le strade di Toledo sono irte di pericoli la notte. Se invece vorrete ospitarmi saprò ricompensarvi a dovere.
Cerco di mostrarmi sicuro di me. Ramòn, dopo aver lasciato Amaranta seduta sulla panchina, mi si avvicina scrutandomi. Più che un viaggiatore devo parergli un alieno per come sono vestito. Ma forse questo può andare a mio vantaggio; dà credibilità alle mie parole. L'uomo mi osserva con disgusto. Non sa ancora che anche io lo disprezzo per un motivo del tutto differente. Poi mi rivolge un sorriso di scherno.
- Questa è la casa della mia signora.- dice- Facciamo decidere a lei.
E poso gli occhi su Amaranta che sto bene attento a fingere di non aver mai visto in vita mia. Questa donna mi procurerà tantissimi guai lo sento; ma chissà per quale motivo sono pronto a correre qualsiasi rischio..

giovedì 21 aprile 2011

SETTIMO CAPITOLO

Il castello sorge sulle alture dove oggi risiede lo splendido Parador di lusso. Che tristezza pensare che il tempo e l’uomo distruggeranno questa splendida dimora. Quando arriviamo ai suoi cancelli è già buio e le torce che illuminano il parco sono quasi esaurite. Lorenzo inciampa sui mattoncini del vialetto principale. Sembra stordito, confuso e anche impaurito. Stringo la sua mano che, nonostante la brezza serale, è fredda e inerme. Risponde alla stretta e mi sorride, ma il terrore alberga ancora nei suoi occhi azzurri.
“ Vieni, sbrighiamoci che il parco è molto grande e per arrivare al portone d’entrata dobbiamo fare ancora molta strada”.
Non risponde. Si limita a sorridere seguendomi mentre si guarda intorno incuriosito.
“ Entreremo dalla porta di servizio. La cuoca a quest’ora starà lavando i piatti. Stai tranquillo, per questa notte ci accomodiamo con la servitù. Domani avremo tutto il tempo per farci vedere insieme e fare le tue dovute presentazioni alla mia famiglia”.
Sto quasi ansimando per la fretta con cui avanziamo. Mi blocco all’improvviso nello scorgere il laghetto dove trascorrevo molto tempo a leggere o anche solo ad ammirare la natura circostante. Lo raggiungo e mi inginocchio per immergere le mani nell’acqua. E’ fredda quanto basta per darmi un po’ di carica. Senza pensarci su mi tolgo la gonna e, rimasta con la sola camicia, mi immergo in quelle acque sotto lo sguardo allibito di Lorenzo. Non è mia intenzione sconvolgerlo, eppure sentivo il bisogno di questo bagno ristoratore. Come se immergermi in questo laghetto potesse far tornare la mia testa indietro nel tempo e farmi dimenticare le immagini del mondo del futuro che assillano la mia mente.
“Togliti quei dannati jeans e assapora questo bagno. Non voglio mica sedurti!”.
Titubante segue il mio consiglio, senza però distogliere lo sguardo dal mio viso, come se avesse timore di guardare oltre…


Il paesaggio notturno mi incanta, e sento quel tempo già mio. Tengo stretta la mano di Amaranta e sebbene il mio viso esprima un'espressione tesa e disorientata, sento comunque che mi abituerò presto a quel cambiamento. Quando poi lei mi conduce verso quel lago e si spoglia, allora per un attimo dimentico chi sono e dove sono.
In Italia, nel “mio” tempo, ho avuto solo brevi storie con ragazze che ammetto di non aver avuto difficoltà a dimenticare. E mai nessuna di loro ha mai osato tanto, nessuna di loro è mai stata così intraprendente. Amaranta è diversa, e non solo perché appartiene a un passato nel quale sono stato gettato alla rinfusa.
Togliermi i jeans...non me lo faccio ripetere. Getto a terra sull'erba umida tutto ciò che reco con me, libro e spada mistica, per poi liberarmi velocemente dei vestiti. Mi sento libero come non lo sono mai stato in vita mia. Mi sento me stesso, lì in un luogo e in un tempo che non m'appartengono. M'immergo nelle acque fredde rabbrividendo e mi basta poco per raggiungere Amaranta, la quale prende a giocare con l'acqua battendo le mani sulla superficie in modo tale da schizzarmela sul viso. E' incredibile come mi senta a mio agio con lei; come se ci conoscessimo da tempo, da sempre. Ride gioiosa; sembra che le preoccupazioni per ciò che dobbiamo affrontare siano lontane da noi.
- Ah si, è questo che vuoi?- le dico avvicinandomi di più a lei.
L'afferro per un braccio e faccio per spingerla sott'acqua e continuare così quel gioco che lei ha iniziato, ma mi trovo così vicino ai suoi occhi che ne resto incantato. E mi blocco. Ogni mia facoltà si arresta. La fisso tornando serio e solo allora mi rendo conto di quanto lei sia effettivamente bella, di quanto io sia stato fortunato ad essere stato scelto dal Destino. Lei mi fissa a sua volta, e restiamo per qualche istante immobili nell'acqua senza parlare. La notte non confonde comunque i suoi lineamenti perfetti e armoniosi.
Poi delle voci concitate ci costringono a tornare alla realtà; per un brevissimo istante tutto si è annullato attorno a noi.
- Chi è là?- tuona la voce di un uomo seguita subito dall'abbaiare minaccioso dei cani.
Ci hanno sorpresi. E spero solo che quelli siano uomini del castello che torreggia sulle nostre teste. Intanto mi tengo pronto a scattare e raggiungere la spada lasciata ai margini del laghetto. Il mio compito è aiutare e proteggere Amaranta. Ed è ciò che farò, mi costasse anche la vita

mercoledì 30 marzo 2011

SESTO CAPITOLO

Non ho sentito dolore. Niente! Ho solo visto la lama che si avvicinava al mio costato e poi il buio ci ha avvolti. Dal tramonto del ventunesimo secolo a quello più cupo e tetro del mio tempo. Urla e grida popolano le strade di una Toledo libera da marchingegni moderni. Non me la ricordavo più! Osservo la taverna del Vino Tinto e gli uomini di bassa stirpe che barcollano davanti la sua entrata. Luogo di malaffare e di incontri femminili che per pochi danari donano un fuggevole piacere. Sento sospirare al mio fianco e mi volto di scatto. Lorenzo si asciuga la fronte e presenta una faccia bianca come un cencio appena lavato nelle acque del Tago. Impaurito e sollevato al tempo stesso. Il nostro disegno si è realizzato! Sorrido nel rendermi conto di quanto sia fuori luogo con quei jeans rattoppati e la camicia bianca, leggermente aperta sul petto.
“Dobbiamo trovare degli abiti più consoni a questa nuova situazione”.
Fa cenno di si con la testa e inizia a guardarsi intorno. Lo prendo per mano e le conduco per le strade debolmente illuminate da torce la cui fiamma danza a seconda del movimento del vento. Fa caldo e l’odore che arriva dalle latrine ai lati del fiume non è molto piacevole. Faccio una smorfia per allentare la tensione e lui cerca di sorridere, ma è visibilmente teso. Un bambino scalzo e vestito di cenci sporchi ci guarda incuriosito. Poi corre verso il padre, intento a parlare con un altro uomo, e gli strattona la povera giacca piena di toppe.
“Padre, padre, guardate com’è vestito quel cavaliere laggiù!”
Stringo la mano di Lorenzo e lo obbligo a seguirmi. Il mio passo è sostenuto e lui sembra seguirmi impaurito
“Presto! Raggiungiamo il mio castello o finiremo nei guai. Nella situazione in cui mi trovo non posso permettermi di attirare ulteriormente l’attenzione altrui”.
Mi segue in silenzio. Prima arriviamo a destinazione meglio è anche per lui.

La parola diversità non rende giustizia a questa realtà dove sono stato catapultato da una magia antica forse quanto l'uomo. Un mondo nuovo, seppur antico mi si presenta davanti agli occhi. Amaranta sta bene; non sembra aver sofferto quando le ho trafitto il cuore con quella lama mistica, e di questo ne sono sollevato. Se le avessi fatto del male, se qualcosa fosse andato storto durante il rito non me lo sarei mai perdonato. Invece tutto è andato come abbiamo sperato e ad accogliermi questa volta è una Toledo nuova, diversi sono gli odori le voci e le vie di una città che al contrario ho abbandonato da poco. Tutto ciò è assurdo, ma non ho tempo di fermarmi a riflettere sull'incredibile fenomeno del quale sono protagonista. Come Amaranta stessa mi ricorda, e come mi fa intendere quel bambino che mi indica, quel posto nuovo e antico può essere pericoloso per me, figlio dell'era moderna e tecnologica. Seguo Amaranta afferrando la sua mano, e non è solo paura quella che mi domina ma è anche curiosità verso tutto ciò che mi circonda.
Sono nella Storia, non quella che si legge nelle riviste e nei libri di scuola; nella Storia vera, in un tempo che non m'appartiene ma che sento mi ha accolto già come fossi un suo abitante. Questa idea mi elettrizza, ma quando scorgo da lontano degli uomini che avanzano nella nostra direzione vestiti di abiti che ho potuto vedere solo in qualche film, il mio istinto mi suggerisce di nascondermi e attiro in questo modo a me Amaranta. Ci rifugiamo in quello che sembra uno stretto vicolo senza sbocco tra due vecchie case. E solo in quell'istante, così vicino a quella ragazza che mi ha completamente stravolto l'esistenza, avverto il profumo e la pelle di Amaranta che non è più solo uno spirito incorporeo, ma una presenza reale e tangibile. Sussulto di fronte a quest'immagine e mi rendo conto di quanto sia effettivamente bella. Lei sembra guardarmi disorientata. Forse non può capire quanto questa situazione sia inconcepibile per uno come me, che ha relegato tutte quelle fantasie solo ai suoi scritti ritenendole impossibili. Invece la realtà mi ha smentito...
Imbarazzato e confuso lancio un'occhiata alla strada che sembra ora libera. Non sarei stato in grado di dare una spiegazione logica della mia presenza in quella città a nessuno. Senza lasciare la mano di Amaranta torno a camminare chiedendole dove si trovi il suo castello. “E' ora di tirar fuori il coraggio, Lorenzo” mi ripeto.
Nel mio tempo sono uno pseudo scrittore ancora sconosciuto, un sognatore, un illuso. Ma in questa nuova realtà mi appresto a divenire qualcosa che non avrei mai immaginato. Se tornerò o no ai miei giorni non è cosa della quale mi devo preoccupare ora. Amaranta e la sua vita hanno la precedenza.
Scorgo da lontano le mura imponenti di un castello. Non posso credere a quello che vedo...
Quella non è la mia fantasia, non è un sogno, né tanto meno un film. E lo dimostra l'aria che ora circola nei miei polmoni la quale lo sento, così leggera e frizzantina, mi sta rendendo già diverso. Il mio stesso sangue reclama da tempo questa nuova vita. Come fosse stato già tutto scritto....