lunedì 30 maggio 2011

OTTAVO CAPITOLO

Ci mancava anche Ramón a rovinare l’atmosfera rilassata che si era venuta a creare. Senza dire una parola mi avvicino ai bordi del laghetto e afferro i vestiti. Esco dall’acqua e cerco di dare un senso alla mia capigliatura arruffata.
“Avvicinati a quell’albero e nasconditi dietro il tronco. Conosco quest’uomo ed è bene che lo affronti da sola”.
Lorenzo mi guarda senza rispondere, ha la faccia allibita e spaventata al tempo stesso. Lo vedo avvicinarsi alla sponda e con il chiarore della luna scorgo la sua sagoma posizionarsi nel luogo da me indicato. I cani continuano ad abbaiare, ma quando annusano il mio odore le loro code prendono a scodinzolare festanti.
“ Amaranta cosa ci fai qua? Sono due giorni che ti cerchiamo?”
Mi aggiusto la gonna e tento di assumere un tono sicuro. Accarezzo la testa al levriero grigio che sta strusciandosi alle mie gambe.
“ Vorrei ricordarti che questa è casa mia… Tu, piuttosto cosa ci facevi a quest’ora nel parco?”
Si avvicina e mi scruta con attenzione.
Allunga una mano e la passa tra i miei capelli zuppi. Non mi ritraggo, ma provo un certo fastidio.
“i tuoi genitori erano allarmati e mi hanno cercato per sapere se tu fossi venuta a trovarmi.. ma dove eri finita?”
“In giro.. “
Scoppia a ridere e mi trascina verso una panchina di pietra. Tenta di abbracciarmi, ma io mi divincolo con decisione.
“ Che razza di risposta è mai questa? E perché non vuoi che ti abbracci? Tra pochi mesi sarai mia moglie!”
A quelle parole rabbrividisco. Alla luce della luna piena il suo viso è attraente e la sua espressione trasmette fierezza eppure non sento battere il cuore.
“Avevo bisogno di starmene da sola per cercare una possibile soluzione per evitare la forca…”
Lo sento sospirare ma non mi volto. Con la coda dell’occhio controllo che Lorenzo sia sempre dietro il vecchio albero però il buio mi impedisce di vederlo. I cani si sono assopiti ai nostri piedi, sembrano non aver fiutato il suo odore.
“ …chissà se riusciremo a sposarci.. la condanna è ancora in vigore..non c’è alcuna via di scampo”



Ubbidisco all'ordine di Amaranta e mi nascondo dietro il tronco dell'albero, uscendo a malincuore dall'acqua. Con lei, in quel lago, ho provato una sensazione che da tempo credevo di aver perduta. Ma siamo stati interrotti troppo presto, così non ho potuto capire bene di cosa si tratti. E forse, almeno per il momento, è meglio così. Zuppo dalla testa ai piedi, e privo ancora dei miei vestiti, mi rintano dietro l'albero e osservo l'uomo sopraggiungere, sento l'abbaiare dei cani, e temo per l'incolumità di Amaranta. Ma in fondo quel tempo è suo e di certo sa giostrarsi meglio di quanto non lo saprei fare io. Noto che i miei vestiti sono ancora gettati alla rinfusa sul margine del laghetto. Spero che quell'uomo non se ne accorga e soprattutto che i cani non annusino il mio odore scovandomi. Come avrei giustificato la mia presenza altrimenti? Non mi resta da fare altro se non aspettare ed ascoltare ciò che Amaranta e quell'uomo si dicono.
Non mi piace; mi basta un'occhiata più attenta per capire che di quell'uomo non mi fido.
E quelle parole...”Tra pochi mesi sarai mia moglie..”
Il mosaico della storia di Amaranta si fa sempre più fitto ed io sono sempre più confuso. In un tempo che non è mio, tra persone che non crederebbero mai da dove provengo, che cosa ci faccio io? Il dubbio su quello che ho fatto mi assale prepotente. Se solo riuscissi  a raggiungere i miei vestiti..
Mi muovo con estrema lentezza, sperando che i cani almeno non mi fiutino. Per fortuna Amaranta ha portato il suo “futuro sposo” a sedere un poco lontano. I miei piedi scalzi calpestano quel suolo terroso senza produrre alcun rumore. Quando mi avvicino finalmente ai miei indumenti li afferro velocemente per poi voltarmi e tornamene nel mio nascondiglio. Mi rivesto in fretta; semmai qualcuno mi scoprisse di certo non posso farmi trovare quasi del tutto nudo. Sono indeciso se restare lì o se presentarmi. Ma cosa avrei detto? Posso forse fingere di essere un viaggiatore proveniente da terre lontane in cerca di ospitalità. In fondo è vero...
Ma alla fine decido di attendere per poi pentirmene subito dopo.
Alle spalle mi sopraggiunge un uomo, forse uno sgherro di quello che ora sta parlando con Amaranta. Mi punta la lama della sua spada alla schiena. Dannazione...
- Muoviti.- mi comanda costringendomi ad uscire allo scoperto.- Ramòn guarda chi abbiamo qua stasera!
Alzo le mani in segno di resa e non posso fare altro se non inventarmi qualcosa e stare al “gioco”.
- Perdonate la mia intrusione.- dico senza guardare Amaranta- Ma sono un viaggiatore e ho perduto la strada. Se vi reco disturbo perdonatemi, raccoglierò subito le mie cose e tornerò in cammino anche se le strade di Toledo sono irte di pericoli la notte. Se invece vorrete ospitarmi saprò ricompensarvi a dovere.
Cerco di mostrarmi sicuro di me. Ramòn, dopo aver lasciato Amaranta seduta sulla panchina, mi si avvicina scrutandomi. Più che un viaggiatore devo parergli un alieno per come sono vestito. Ma forse questo può andare a mio vantaggio; dà credibilità alle mie parole. L'uomo mi osserva con disgusto. Non sa ancora che anche io lo disprezzo per un motivo del tutto differente. Poi mi rivolge un sorriso di scherno.
- Questa è la casa della mia signora.- dice- Facciamo decidere a lei.
E poso gli occhi su Amaranta che sto bene attento a fingere di non aver mai visto in vita mia. Questa donna mi procurerà tantissimi guai lo sento; ma chissà per quale motivo sono pronto a correre qualsiasi rischio..