martedì 1 febbraio 2011

CAPITOLO SECONDO

Ella è forse...uno spettro? Dio, aiutami sto impazzendo! Ma che cosa mi succede, tutto ciò è irreale, non può essere vero! I miei occhi non riescono a staccarsi da quella figura che solo io riesco a vedere. Ho fatto cenno al proprietario del negozio di notare la ragazza, ma lui prosegue a blaterare in spagnolo e ha preso a guardarmi di traverso come fossi davvero pazzo.
La figura, nonostante mi incuta timore, è davvero bella a vedersi e per qualche istante resto a fissarla quasi estasiato. Forse è solo una visione dettata dalla mia stanchezza, dal senso di torpore ed estraneità che mi ha dominato fino ad ora....forse tra qualche istante sparirà...
Chiudo le palpebre serrandole con molta forza. Ma quando le riapro lei è ancora lì, in tutta la sua inquietante magnificenza. E sebbene la sua figura abbia i contorni indefiniti e somigli molto a una diapositiva sbiadita, la vedo indicarmi chiaramente il libro che poco fa ho aperto.
Un pensiero assurdo mi balena alla mente, ovvero che siano state proprio quelle righe da me stesso lette a farla apparire. Ma ciò è impossibile, questo va oltre l'umana concezione del vero e della realtà. Episodi simili si trovano solo nei libri e forse io stesso ne ho scritti qualcuno nella mia adolescenza.
Riprendo a sudare anche se l'aria all'interno del negozio è molto fresca. Mi passo una mano sulla fronte mentre il proprietario del negozio prende a rivolgermi delle parole in spagnolo che non capisco, ma il suo tono al contrario è inconfondibile: vuole che me ne vada immediatamente. Forse lo sto spaventando col mio comportamento. Guardo prima lui, poi la porta d'uscita che mi sta indicando, la visione che ho davanti e infine il libro. Dio, che devo fare? Non posso uscire di lì e dimenticare tutto, una parte di me mi impone di non farlo. Faccio un profondo respiro e alla fine sono i miei muscoli a muoversi e a dettare quelle azioni che mi porteranno a vivere l'avventura più grandiosa della mia vita, la quale segnerà per sempre la mia esistenza. Lancio un'ultima occhiata alla figura che non accenna a svanire, e scatto in avanti. Sotto gli occhi del proprietario che continua ad inveire contro di me alzando il tono della voce, afferro il libro con entrambe le mani. Non so cosa sto facendo, so solo che tremo in maniera vistosa di eccitazione e timore per quella mia azione avventata. Sono sempre stata una persona piuttosto posata nei modi e nelle azioni.  Se uno dei miei conoscenti mi vedesse in questo momento, direbbe che quel ragazzo che sta per rubare quel libro non sono io.
Eppure non mi sono mai sentito così vivo in vita mia come in questo istante. Il proprietario, che ha capito perfettamente le mie intenzioni, prova a bloccarmi ma io come un fulmine sfreccio via da quel negozio e sempre chiedendomi che diamine sto facendo, prendo a correre per le vie di Toledo, che sembra osservarmi dall'alto dei suoi secoli di storia e magia. E la città mi assiste in quel mio atto folle.
Senza mai fermarmi, col libro stretto tra le braccia e la visione di quella bellissima fanciulla stampata nella mente, arrivo al mio albergo, che si affaccia sul fiume Tago. Salgo in camera mentre spero che nessuno degli inservienti mi fermi per chiedermi qualcosa. Ho come l'impressione che già tutti sappiano di quel mio furto, ma forse questa sensazione è dettata dalla paura di essere preso e arrestato.
“Bel lavoro, Lorenzo!” mi rimprovera ora la parte razionale della mia mente. Entro nella mia camera e solo ora mi rendo conto di quello che ho fatto veramente. Ma che mi è saltato in testa? Sono oltremodo confuso e spaventato. Con le gambe tremanti per il terrore e la corsa mi siedo sul letto, gli occhi fissi su quel libro. Preferisco non guardarmi attorno, perché è tanta la paura di tornare a vedere quella visione...stupenda si, ma inquietante.
Ho bisogno di aria. Mi rialzo subito e con libro incollato al petto esco fuori sulla veranda. Forse è meglio ripartire subito, così da evitare l'ira del proprietario del negozio che di certo avrà subito avvertito del mio furto le autorità della città.
Ma gli occhi mi cadono di nuovo sul libro, attirati come se quello fosse una calamita. E di nuovo lo apro, col cuore che batte forte contro le costole. Mi ritrovo a leggere di nuovo delle righe a caso, e m'accorgo con mio enorme stupore che la mia pronuncia spagnola è perfetta.
Questo libro mi ha atteso per secoli. E' questo il pensiero che mi martella nella mente. Il destino mi ha atteso pazientemente lì a Toledo. Per secoli.



“ E’ qui che sono nata, cresciuta e anche sofferto gli ultimi anni della mia vita. Ora c’è questo meraviglioso hotel, ma un tempo vi sorgeva la mia dimora. Un meraviglioso castello che assomiglia vagamente a questo parador, ma offriva lo steso panorama mozzafiato di Toledo”.
Il ragazzo sbianca e per poco non sviene. Ne deduco che ha perfettamente udito la mia voce e, finalmente, si rende conto che quello che sta vivendo non è un sogno. Allento la stretta al corrimano di legno della terrazza e mi volto per offrirgli un sorriso rassicurante che non ottiene l’effetto sperato. Non parla e continua a guardare il libro consunto dal tempo, come se volesse cancellarmi dalla sua mente. Non volevo che rubasse il Cantar de mio Cid però a pensarci bene non poteva neppure comprarlo, gli sarebbe costato una fortuna! Così non solo sono perseguitata nel 1650 ma ora lo sarà anche il mio presunto salvatore nell’epoca attuale. Cosa inventiamo? Mi siedo sulla poltrona in vimini posizionata di fronte a lui e tento un approccio più umano.
“ Mi chiamo Amaranta Molina, ho venticinque anni e sono stata condannata per stregoneria. Tra poche settimane brucerò sulla forca nella piazza principale di Toledo. Non mi salverà certo il mio titolo nobiliare perché non è stato di aiuto né a mia madre, né a mia nonna. Sono finita nella tua epoca per una strana coincidenza. E’ una storia lunga, ti dico solo che il mio secolo di appartenenza è il seicento  e se tu sei disposto a darmi una mano dovrai seguirmi in quell’epoca. Tutto avverrà grazie a questo libro e alla spada che hai ammirato questo pomeriggio nel negozio… dovremmo rubare anche quella. Non c’è altra soluzione. Forse potresti riuscire a salvarmi, ma spetta a te la scelta, io posso solo chiederti aiuto”.
Cerco di non piangere ma sento gli occhi umidi. Li chiudo e avverto la sua mano sfiorarmi i capelli. Un fremito percorre il mio corpo e quando lo guardo lui mi sta rivolgendo un sorriso rassicurante.
“ Sono secoli che vago per le strade della mia città. Non sapevo quando saresti arrivato, ma quando ti ho visto non ho avuto dubbi; eri tu, la mia unica salvezza! Ho assistito ai lenti cambiamenti che il tempo ha impresso a Toledo pur non deturpando la sua bellezza originale. Nessuno mi ha mai vista e neppure io avevo la facoltà di potermi specchiare. Quando hai preso in mano questo volume ho iniziato ad avvertire la pesantezza delle mie braccia e sono riuscita a scorgere la mia veste lacera. Dimmi, tu come ti chiami? Da dove vieni? Non ti chiedo se sei disposto a credermi, i tuoi occhi mi hanno già risposto”.


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