mercoledì 9 febbraio 2011

CAPITOLO TERZO

E' reale. E' inconcepibilmente reale la figura che mi è di fronte. Non sto sognando, forse sono pazzo, ma non è frutto di un sogno quella visione. Lei è reale, e solo io riesco a vederla. Oramai mi è chiaro. E il perché anche dovrebbe esserlo, ma non riesco ad accettarlo. Avventure del genere le hanno vissute solo i protagonisti dei miei racconti, ma mai avrei immaginato che alla fine io sarei rimasto vittima delle mie stesse Storie. Lei inizia a parlare ed io taccio per ascoltarla col libro ancora stretto tra le braccia, quasi aggrappandomi ad esso per non crollare a terra. Sono spaventato, il mio pallore deve essere molto evidente ma come biasimarmi? Lei mi sorride e mi accorgo subito che il suo è uno dei più bei sorrisi che abbia mai ricevuto in vita mia. E' bella. Estremamente bella. E i suoi movimenti, forse a causa della inconsistenza fisica, sono fluidi ed eleganti. La seguo con lo sguardo mentre prende posto sulla poltrona.
E prima che io possa fare o dire qualsiasi cosa, lei riprende a parlare. Scopro così il suo nome, la sua provenienza, la sua incredibile storia. Storia che si interseca con la mia, perché stando alle sue parole sono io che devo salvarla...liberarla dal terrificante destino che l'aspetta in un tempo che non mi appartiene come lei non appartiene al mio.
Quella rivelazione mi spaventa, come ovvio che sia. Ma nonostante ciò, faccio dei passi verso di lei e allungo una mano tremolante per passargliela tra i capelli. E quando la tocco mi convinco finalmente che davvero tutto ciò non è un miraggio, un incubo, uno scherzo fattomi dagli abitanti del posto.
Lei è reale. Lei ha atteso me.
E in fondo al mio cuore so che anche io l'ho sempre attesa. E non mi riferisco solo alla creatura eterea che ho di fronte, ma a quell'occasione che fa di una vita unica. Tradotto in una sola parola: predestinazione.
Quella consapevolezza mi fa tremare di nuovo, e velocemente mi allontano da lei. Resto tuttavia a fissarla; non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Devo fare una scelta, e subito. Scegliere se seguire il mio destino, o piuttosto tornare al negozio a riconsegnare il libro e chiedere scusa al proprietario, per poi correre in aeroporto e tornarmene in Italia e dimenticare tutto.
La mia vita è ora a un bivio e non ho molto tempo per decidere quale strada prendere, se la più sicura o quella che mi condurrà verso tempi e terre mai esplorate. E' solo la mia volontà che traballa ancora, poiché il mio cuore ha già deciso.
Trascorrono forse dieci, quindici minuti. Poi, col libro stretto tra le braccia e gli occhi fissi nei suoi annuisco con la testa.
Sono pronto. Senza volerlo ignoro le sue ultime domande, non perché non voglio rispondere, ma perché sono troppo eccitato e nervoso per farlo. E tutto ciò che esce dalla mia bocca è:
- Cosa devo fare?
Non so come agire ora. Rubare anche la spada forse? E come? Quando? La mia mente mi suggerisce un'idea alquanto insana, ma l'unica da seguire.
Lei è uno spettro, e forse col suo aiuto riuscirò a impossessarmi anche della lama antica. Può distrarre con le sue arti dell'invisibilità il proprietario del negozio mentre io gli sottraggo la spada.
Folle assurdo illogico. Ma forse plausibile.
Spero che lei abbia capito ciò che intendo fare, poiché a parole mi è quasi impossibile in quel momento esprimermi....
Aspetto solo un suo cenno o una sua parola; poi sarò pronto ad abbracciare il mio destino.


Ha passato una mano tra i miei lunghi capelli. Un brivido ha percosso il mio corpo, ma ho cercato di mostrarmi tranquilla e posata. Credo che questo gesto impulsivo gli sia stato d’aiuto per sincerarsi della mia vera esistenza. Come rimproverarlo? Sono piombata nella sua vita all’improvviso e pretendo pure di sconvolgergliela. Non mi ha ancora detto da dove viene né qual è il suo nome e io mi sento ancora in confusione per quel fuggevole contatto fisico. Non è lo stessa emozione che provavo nel baciare Ramón, il mio promesso sposo. Il Conte Serrano era bello, ma non era amore quello che mi legava a lui. Mi ha chiesta in moglie e mio padre ha dato il suo consenso senza chiedermi niente. Di tutti i pretendenti era quello che più stimavo perché pacato e rispettoso, ma soprattutto perché mi adorava come se fossi stata una pietra preziosa. Mi seguiva e realizzava ogni mio desiderio. Tutti i giorni faceva visita alla mia dimora per offrirmi un gioiello prezioso o anche solo una visita di piacere. Credo che mi amasse a tal punto da non curarsi se io non lo ricambiavo; mi voleva ad ogni costo! Quando mi hanno incarcerata ha provato con ogni mezzo a liberarmi, ma neppure l’oro e le monete sono riuscite a corrompere i miei aguzzini. Penso che se torneremo indietro nel tempo lui mi starà aspettando per condurmi all’altare. Mi ha talmente adorata da non curarsi delle accuse di eresia e stregoneria che mi sono state rivolte, né delle calunnie dei nobili che ci circondano. Preferisce rimanere solo e isolato dall’alta società, ma non rinunciare a me. Sono fortunata? Credo di sì. Eppure guardando gli occhi azzurri come il mare di questo ragazzo vorrei tanto che Ramón non esistesse.
“Dobbiamo introdurci nel negozio, rubare la spada e varcare il tempo. Tu dovrai conficcare la lama nel mio cuore impugnando l’arma con la mano destra mentre con la sinistra sorreggerai il volume. Questa è la procedura grazie alla quale ho attraversato tutti questi secoli alla tua ricerca. Nel 1650 è stata la mia dama di compagnia a farla…non preoccuparti, non morirò, né vedrai scorrere sangue. Almeno per ora”.
Lo vedo muovere le dita sul tavolo come per cercare di nascondere un nervosismo crescente.
“Non mi devi rispondere subito. Pensaci su che io vado a farmi un bagno”.
Senza dire altro mi alzo e mi dirigo verso una piccola stanza adiacente alla camera.

Fisso la sua figura senza muovere un muscolo, e non appena mi parla di nuovo annuisco con la testa. Ciò che mi chiede di fare sfiora l'irrazionalità umana e non mi riferisco tanto al furto della spada quanto a quello che dovrò fare con essa. Infilzare il suo cuore...Non è certo un gesto che si compie tutti i giorni, e mai e poi mai avrei sognato di fare una cosa simile. Mi chiedo ancora se non sto sognando, eppure non mi sono mai sentito così vivo in vita mia.
- Farò tutto quello che sarà necessario per aiutarti!- le dico ritrovando sicurezza nella voce.
Lei si alza; dice di volersi fare un bagno. Più questa donna resta nella mia realtà e più ne vedo i contorni definiti. Ma mi ripeto che non è di questo mondo; e fra non molto non ne avrei più fatto parte nemmeno io. Questo pensiero mi manda nel panico, ecco perché preferisco affrontarlo a tempo debito. La seguo con lo sguardo mentre raggiunge il bagno vicino. Io la seguo lentamente, ancora guardingo.
- Il mio nome è Lorenzo Beltramelli.- le dico prima che possa entrare nella stanza- E vengo dall'Italia; sono nato a Tivoli, una cittadina alle porte di Roma. Per mantenermi faccio lavori saltuari, ma la mia più grande passione è la scrittura.
Non so perché le sto rivelando queste cose. Chissà se può capirmi visto e considerato che siamo così diversi. Il Tempo al quale siamo legati e cresciuti è completamente diverso. In molti libri che ho letto, e dai quali ho tratto ispirazione per i miei racconti, vi sono narrati viaggi nel tempo e da che ricordo tutti, o quasi, finiscono sempre in maniera imprevedibile. Solo che qui stiamo parlando della realtà, della mia realtà. Le avventure degli eroi che ho seguito da ragazzo non hanno nulla a che fare con ciò che mi attende, né io sono un impavido senza paura. Sono solo un ragazzo comune che ama e si perde nella scrittura come amerebbe e si perderebbe nelle braccia e nel corpo di una donna. Il destino con me è stato beffardo; avrebbe forse dovuto scegliere un giovane più coraggioso, che sa cosa vuole dalla vita, che saprebbe sottrarre Amaranta al suo destino meglio di come possa farlo io.
Amaranta. Il suo nome è un dolce suono, e la sua bellezza non l'ho riscontrata mai nelle donne del mio tempo. Il suo modo di porsi è diverso da quelli a cui sono abituato, e s'avverte in lei la magia di una vita che ora dipende solo da me. Sono ancora in tempo forse per mollare tutto e fuggire. Ma resto lì ad attendere che lei sia pronta per tornare a recuperare la lama, e praticare quel rito che mi condurrà in un luogo in un tempo e in un mondo lontano dalla memoria degli uomini.
Tornerò mai indietro? Il rito, in quanto difficile e credule, provocherà dolore a entrambi? E il “trapasso” dal mio tempo al suo in che modo avverrà? Sverrò, o sarò sveglio?
Sono domande che mi torturano, e a confronto ad esse l'idea di tornare in quel negozio di antiquariato e rubare la spada non mi sembra così spaventosa e terribile.
- Sono pronto.- dico ancora per convincere me stesso.
E' da quando ho posato per la prima volta gli occhi su di lei che lo sono.
Preparo in fretta e furia la mia borsa come se dovessi partire di nuovo e lasciare Toledo. Ci sono alcune cose, come il mio taccuino o il fermacarte d'argento sul quale ci sono incise le mie iniziali, dalle quali non mi separo mai. E non lo avrei fatto nemmeno questa volta. E con la borsa a tracolla e il Cantar de Mio Cid stretto sotto il braccio, attendo che Amaranta mi conduca di nuovo al negozio di lame. Pronto ad abbandonare la mia vita, per non farvi forse più ritorno, ma consapevole che ci fosse qualcosa di grandioso ad attendermi.

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